Un’interpretazione letterale del pensiero di San Paolo dunque mal si concilia con la consuetudine ecclesiastica di concedere il perdono ai peccatori pentiti, tramite un’effettiva vendita delle indulgenze, anche se il pagamento simboleggiava il sincero pentimento e le buone opere da compiere per essere perdonati (all’epoca si credeva generalmente che dopo la morte i peccatori venissero puniti per un periodo di tempo, che tuttavia poteva essere abbreviato grazie alle indulgenze concesse con l’autorizzazione del papa in cambio di denaro).
La predicazione contro la vendita delle indulgenze, che il principe Federico aveva impiantato proprio a Wittenberg, è quindi il primo atto riformatore intrapreso da Lutero.
La situazione degenera nel 1517 quando un altro esempio di vendita delle indulgenze dalle amplissime ramificazioni richiama l’attenzione di Lutero.
Il principe Alberto di Hohenzollern infatti, già titolare di due vescovadi, aspira ad ottenere anche il vescovado di Magonza. Il papa, Leone X, accetta di conferirgli tale nomina dietro il pagamento di 10.000 ducati; per raccogliere tale somma gli concede tuttavia l’appalto di una vendita di indulgenze.
Nel 1517 il principe Alberto, divenuto ora anche arcivescovo di Magonza, incarica il monaco domenicano Johann Tetzel di predicare le indulgenze nei suoi domini.
Quando il monaco domenicano giunge a Brandeburgo, nelle vicinanze di Wittemberg, i parrocchiani di Lutero si mettono in viaggio per acquistarle.
Lutero giudica la predicazione di Tetzel assurda sotto ogni punto di vista e decide pertanto di contrastarla per iscritto.
Il 31 ottobre 1517 Lutero (o i suoi studenti) affigge sulla porta della chiesa di Wittemberg, come era uso a quel tempo, 95 tesi in latino, nelle quali stigmatizza il traffico delle indulgenze e nega il diritto e la legittimità di rimettere le pene da parte del pontefice.
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